Riflessioni dalla gabbia

di Paola Bacchi

UN  MONDO  CHE  BISBIGLIA

Il mondo non si è solo fermato, ha anche abbassato il volume: quasi azzerato il traffico su terra e in cielo, nessuno per strada, il tempo è tornato a un periodo antico in cui auto e aerei erano nella fantasia degli scrittori.

Nemmeno certi roboanti politici, o alcuni giornalisti di grande improntitudine tengono il volume alto: sfumano e tinteggiano di pastello i loro interventi.

Tanta gentilezza ed eleganza potrebbero nascondere non solo la paura per la propria ghirba, ma anche la consapevolezza che un po’ di freno rende il giusto rispetto a chi in queste tristi circostanze soffre davvero. Pare lo capiscano anche loro.

Credo che sulle nostre coscienze non sia trascorso solo un bimestre o poco più, ma sia calato un intero decennio come un macigno. Siamo invecchiati di colpo: no i capelli in disordine (parrucchieri chiusi), non le rughette (idem le estetiste), no gli stessi sciatti vestiti da settimane, no lo scontrarsi nei soliti dieci metri quadrati, ma l’idea che dovremo forse essere migliori.

Non conosco nessuno esente da errori o difetti (forse solo San Francesco e Madre Teresa) ma ora più che mai vogliamo tornare all’eden delle nostre passate e beate incoscienti stupidotte sbagliatissime e fantozziane esistenze.

Eppure belle belle belle.

Dovremo ricrearci, reinventare un modo di vivere nuovo, sperando che queste macerie invisibili eppure reali come invisibile e reale è il virus, ci abbiano insegnato qualcosa. Per  esempio a essere uomini, donne, giovani, vecchi davvero umani.

ELOGIO  DI  SAMUELE  BERSANI

Francesco Guccini ha affermato di recente che il ritorno alla normalità non porterà alcun miglioramento all’animo umano “tanto non impariamo mai”.

Il pessimismo del vecchio cantautore che ha composto capolavori come Auschwitz, L’avvelenata, Eskimo (titoli che rimandano a una filosofica malinconia di fondo) deriva probabilmente dalla sua esperienza, dalla sua età.

Guccini non si intende solo di musica ma ha lavorato a lungo nella preparazione di un dizionario italiano – dialetto pavanese (abita da anni a Pavana, in Toscana suo luogo d’origine, mentre per anni a Bologna stava nell’ormai famosissima Paolo Fabbri, cui dedicò una canzone autobiografica) e ha scritto libri, alcuni dei quali con il bolognese Loriano Macchiavelli (Tempo da elfi, Fra la via Emilia e il West, Macaronì, Malastagione).

Riportare le impressioni di Guccini su questa brutta situazione mi fa riflettere sul fatto che ora più che mai la musica ci fa compagnia. Si accende la radio, la TV e se non si vuole essere sommersi dalla triste attualità, si cerca un canale dedicato e via con la musica, eterea, sempre varia e molto amichevole. Oppure si può far andare un CD dell’autore preferito, qualunque cosa alleggerisca il nostro umore già provato.

Sono sintonizzata su Radio Montecarlo (RMC, nome esotico che evoca panfili, casinò, la dolce vita dei milionari, il cui slogan è “musica di gran classe”) che intrattiene, sta in sottofondo e non invade con troppa pubblicità. Ci manda Adèle, James Blunt, David Bowie, il vecchio Bruce Springsteen, Lewis Capaldi, la sfortunata Whitney Houston dalla voce poderosa, Lou Reed, la multiforme Lady Gaga, i trascinanti Simple Minds.

Poi arriva Samuele Bersani. Non si sente spesso. E’ un cantante però che evoca, non so perché, la giovinezza. I suoi testi a volte sono criptici, ma parla dei sentimenti senza smancerie e con una sorta di decisa rassegnazione.

Di solito l’amore in musica è destinato al fallimento, anche Bersani ne parla in Spaccacuore, ma dice “spara amore, spara dritto qui”. Senza speranza, ma deciso al peggio senza tentennamenti.

Anche i più rudi, i più disincantati fra i volontari delle Gev sanno che l’amore è una faccenda pericolosa e se non uccide, può lasciare ferite perenni.

Ho di Samuele Bersani un ricordo particolare: lo incontrai a Bologna, quando ancora abitavo lì, nella centrale via Orefici, un pomeriggio di primavera. Come oggi, quasi un anniversario. Era in compagnia di una ragazza dai capelli castani lunghi e lisci ed era così bella e dolce che sembrava un angelo. Allora era il periodo in cui potevi incontrare Dalla, Morandi, Luca Carboni passeggiare per le strade o mentre sorseggiavano un drink al bar Mocambo.

 Fu un’apparizione che rimandava anch’essa alla gioventù, alla bellezza totale, all’armonia, lui moro e famoso in compagnia di una dea.

Ancora adesso Samuele Bersani mi riporta a questa immagine e la stima che da sempre ho provato per la sua musica, la sua voce e i suoi testi, rimane inalterata soprattutto se, all’improvviso, da una radio canta Chicco e Spillo o Il pescatore di Asterischi. Ancora e sempre giovane. Come la musica.

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