Relax – La grigliata

di Duilio Pizzocchi

Questo malefico ventiventi mi ha impedito per la prima volta da tempo immemore di fare la grigliata pasquale all’aperto tra le foreste di abeti e le vette dolomitiche. Non mi aveva mai fermato il vento, la neve e nemmeno la pioggia che contrastavo erigendo tettoie in nylon e lamiera negli angoli appartati subito fuori casa finendo con l’andare in netto contrasto alla legge sull’abolizione delle camere a gas. Bastava un paio di occhialini da piscina e una buona iperventilazione con la salubre aria montana prima di affrontare in apnea la girata delle carni.  Anche col bel tempo però era difficile sfuggire al fumo delle salsicce che sudavano grasso sulla carbonella, anche quel filo di vento, quello zefiro sottile faceva in modo che il fumo finisse in faccia all’operatore. Il barbecue è leggero e rotellemunito ma lo si poteva girare verso ogni punto cardinale che il fumo continuava imperterrito a prendere la direzione dell’addetto alla griglia, che ero poi sempre io.  Anche questo faceva parte del rituale,

So bene che esistono macchinari per cottura da esterno a gas se non addirittura elettrici con piani inclinati per lo scolo dei grassi in modo da non produrre fumi pestilenziali ma così si va a perdere ogni poesia.  Già dall’accensione io ricorro a un metodo tramandatomi da mio padre e da suo padre prima di lui:  inizio ponendo sulla base del grill dei fogli di giornale accartocciati, preferibilmente le pagine che trattano di politica perché così si ha anche il gusto di veder bruciare certe brutte facce, si appicca quindi il fuoco e subito vi si pongono sopra legnetti sottili, pezzetti di corteccia ed erbacce secche, man mano che la fiamma avvampa si aggiungono ciocchi sempre più grossi fino ad ottenere un piccolo e vivace falò. A quel punto si prende il sacco della carbonella e se ne versa il giusto quantitativo in modo da non soffocare il fuoco. Questa operazione non è mai riuscita né a me né ai miei antenati.  La fiamma langue, il fumo esala a fatica tra i pezzi del nero mucchietto, allora sventolo: con un cartone, un piatto di plastica, una racchetta da ping pong nel vano tentativo di rivedere il rosseggiar della brace. Niente. Ecco allora venirmi in soccorso l’eredità di mio padre: una bombola di gas con applicato un tubo e un bruciatore, un lanciafiamme che normalmente si usa per catramare i tetti.  Dirigo il getto vigoroso sulla montagnetta fumigante e in un paio di minuti ecco ottenuto un braciere ardente di un bell’arancione vivo. Ora qualcuno, nella fattispecie mia moglie, mi ha chiesto perché non parto direttamente col bruciatore senza fare tutta quella manfrina, le ho risposto che non si può, le tradizioni vanno rispettate. Così pure per la tradizione di comprare molta più carne di quella che può trovare spazio sulla graticola. Mi trovo così a comporre puzzle di costine, salsicce, cosce di pollo, costate e pastin che è un macinato di carne tipico della val di Zoldo e che normalmente viene cucinato a mo’ di polpette un po’ schiacciate, io lo trovo perfetto per completare la grigliata perché posso sagomarlo in base agli spazi rimasti liberi, si troveranno quindi in tavola triangoli, mezze lune, bisce e losanghe di pastin. A questo punto si chiude la graticola e si nota che i pezzi più grossi vengono schiacciati e bloccati ma quelli più sottili rimangono liberi di spostarsi. Sarà mai un problema?  Certo che sì, già alla prima girata due costine escono di lato e finiscono sul carbone, basta però recuperarle col forchettone cuocendosi una mano e parte del braccio, scuotere via la cenere e rimetterle dentro, tanto ricadranno alla girata successiva. Si continua a cuocere lottando con il grasso che cola producendo vampate che anneriscono tutto, con il differente grado di cottura delle carni che quando la bistecca è cotta la costina ha appena iniziato a dorarsi, coi pezzi ribelli che fuggono dalla loro prigione ad ogni occasione utile ma alla fine si riesce a portare in tavola un bel vassoio con almeno la metà del contenuto commestibile e il resto crudo o carbonizzato.  Io in quanto grigliatore scelgo per primo i pezzi peggiori in modo da mascherare in parte le mie colpe, mangio facendo finta di niente grazie all’ aiuto dalla bottiglia di vino che mi sono scolato durante la cottura e godo beatamente dei complimenti dei convitati per l’ottimo lavoro svolto. So che mentono spudoratamente ma nessuno mai vorrebbe sentirsi dire: allora se non ti va bene la prossima volta la grigliata la fai tu!

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